di Alessio Perotti
Ha lasciato un’impronta indelebile sui primi anni Duemila (2000-2004) in casa Samb Luciano Gaucci, alias “Luciano l’uragano” o “Lucianone”, dove piombò nell’estate del 2000, rilevando il sodalizio da un suo quasi omonimo, Caucci, proprietario del marchio Casucci. La Samb veniva da sei anni di dilettantismo, tra Eccellenza e CND, e soprattutto da una sequenza di società, che al di là della vittoria dell’Eccellenza, non erano riuscite a dare soddisfazioni alla piazza e soprattutto stabilità amministrativa. E con il suo avvento il corso della storia rossoblù virò decisamente. Fu presidente tra l’antico per i suoi modi vulcanici, passionali e popolari (alla Anconetani o Rozzi per intenderci) e il moderno per le sue doti manageriali e le sue intuizioni, da gran conoscitore del mondo “pallonaro” qual era, Luciano Gaucci. Primo a creare sinergie tra più sodalizi (Perugia, Catania e Viterbese, quest’ultima sostituita proprio dalla Samb), poi imitato da Pozzo (Udinese, Watford e Granada), Cellino (Cagliari e Leeds prima del Brescia) e più recentemente da Lotito (Lazio e Salernitana) e De Laurentiis (Napoli e Bari). Primo ad attingere calciatori dal continente asiatico (su tutti Nakata), ma anche ad assumere un’allenatrice, Carolina Morace alla Viterbese. Proprio con gli allenatori ha espresso il massimo del suo temperamento, ma anche del suo intuito, visto che ne ha esonerati a iosa, ma anche creati, come ha fatto pure in casa nostra. A fronte dei cinque trainer liquidati (Donatelli agli albori della sua esperienza sambenedettese, poi Mei, Beruatto e Nicolini al secondo anno e Trillini al quarto), ne ha anche forgiato uno, Colantuono, con lui passato direttamente nel giro di una settimana dal campo alla panchina, avviando così una brillante carriera, che lo ha riportato in quella Serie A, già disputata da calciatore. A due facce anche il rapporto con i giocatori, con cui usava bastone e carota: ne ha lanciati tanti, persino in Nazionale, ma li ha pure sottoposti a punizioni da girone dantesco. Memorabile il suo “ritiro sine die” in una struttura conventuale umbra austera e priva di distrazioni in cui spedì i calciatori rossoblù, quando ancora non ingranavano in Serie D. Da capo-popolo invece il suo rapporto con la tifoseria, da cui fu ricambiato con trasporto ad eccezione del periodo finale, quando aveva deciso di disfarsi della Samb per provare ad acquisire il decaduto Napoli (trattativa poi fallita). Indimenticabile la sua arringa nel piazzale antistante la tribuna del Riviera dopo la sconfitta casalinga col Cesi alla seconda giornata del campionato di D 2000/2001, quando dopo una sfuriata rivolta ai suoi collaboratori (“Ma che squadra mi avete fatto?”), promise che a fine anno le proteste di quella giornata si sarebbero tramutate nella gioia per la promozione e tanto fu. Non veniva spesso a San Benedetto, ma quando arrivava, si calava perfettamente nell’ambiente, frequentando ristoranti di pesce, familiarizzando con i pescatori al porto e spronando con entusiasmo i tifosi. Si superò poi sul palco allestito in piazza San Giovanni Battista per festeggiare il ritorno in C1 di fronte a 12.000 euforici tifosi, quando inscenò una sorta di “one man show”. Un approccio questo mancato, almeno finora, all’attuale patron Fedeli, che proprio con la sua attuale quinta stagione ha superato la durata della gestione Gaucci, fermatasi a quattro. Non mancarono le “cantonate”, come il brutto affare-Cianci, con cui si mise a repentaglio la promozione ormai acquisita in C2 e a cui Gaucci stesso rimediò in tribunale, o la pseudo-vendita ad Agnello appena rimesso piede in C1, per fortuna stoppata da quella vecchia volpe del suo direttore generale Claudio Molinari. Ma indubbiamente il suo marchio nella storia rossoblù è rappresentato dalle promozioni, essendo stato l’unico presidente ad inanellarne due consecutive anzi quasi tre, se non si fosse messo di traverso il direttore di gara Giannoccaro nel ritorno della semifinale play off per la B disputata all’Adriatico di Pescara. Già fu meritevole estrarre la Samb dal pantano del dilettantismo, ma la sua autentica impresa fu quella della promozione in C1 con le nove vittorie consecutive di Colantuono (tra cui il 4-3 di Rimini) e gli epici play off vinti con lo stesso Rimini e il Brescello, festeggiati con il trionfale esodo di Parma. Il capolavoro sarebbe stato riportare la Samb in B, sogno che stava per concretizzarsi dopo il successo casalingo (1-0) contro il Pescara, poi purtroppo però ribaltato nella contestatissima sopra citata sfida di ritorno persa 2-0 (in finale si sarebbe affrontato l’abbordabile Martina, sconfitto 3-0 dagli abruzzesi). Provò anche l’anno successivo (2003/04) Gaucci ad agganciare i play off di C1 nel girone di ritorno, acquistando il capocannoniere del girone Tino Borneo (assieme a Martini e Max Fanesi a seguito degli addii di Zerbini e Scandurra) e avvicendando in panchina Trillini con Vullo, ma non centrò l’obiettivo. Compì però un ultimo fondamentale gesto, prima di allontanarsi dalla Samb poi acquisita da Mastellarini e D’Ippolito, ovvero quello di iscrivere, versando la relativa fidejussione, la squadra al campionato di C1 (atto che anni dopo avremmo capito non essere così scontato…), per non vanificare il bel percorso del suo quadriennio. Addio Lucianone, presidente di magnifiche promozioni e di una Samb che fece infiammare San Benedetto.