Uno dei momenti più toccanti in occasione dei funerali di Ferruccio Zoboletti è stato quello rappresentato dalla lettera di addio, scritta qualche anno fa e consegnata alla nuora affinché potesse leggerla a tempo debito. Un documento che, se ce ne fosse ancora bisogno, testimonia le grandi qualità umane di Zoboletti. Di seguito riportiamo la lettera in maniera quasi integrale.
«Sono venuto a San Benedetto che avevo 21 anni, tutti i giorni ero in campagna dove la gente ha apprezzato la serietà degli impegni presi – aveva scritto il Presidentissimo –. Sono passati così 62 anni ed ora seduto sulla mia poltrona di sempre mi ritrovo a ricordare il passato per me molto fortunato. Su tutto la famiglia, la salute, il riconoscimento sul lavoro e negli altri settori dove mi sono impegnato cercando di fare bene, però mai da solo, ma con amici appassionati come me che hanno contribuito con dedizione e sacrificio nella Samb come nel Circolo Tennis. Quello che mi sorprende è che quando qualcuno mi stringe la mano mi dice che è un onore conoscermi. Certo, sono cose che fanno piacere, ma mi sembra esagerato: io faccio quello che ho sempre fatto, il mio dovere, con l’impegno, la passione per il lavoro e per lo sport. Le persone nel loro ruolo sono tutte importanti. Non so perché scrivo queste cose, forse alla mia età è una specie di cammino verso il traguardo finale. Quando non ci sarò più forse i figli dei miei nipoti chiederanno “com’era vostro nonno, cosa faceva?”. Leggendo cose di allora si divertiranno a parlare di me come fanno ora. Ho tanti bellissimi ricordi: volti e voci di amici e affetti di tempi passati insieme in una vita piena. Siamo di passaggio, dobbiamo fare la nostra parte. Non possiamo prevedere e programmare. Ed è per tutti uguale. È giusto».