Il calcio, in Italia, non è più solo il pallone che rotola tra quattro linee su un campo d’erba.
Lo si può intuire dalla motivazione che tronca sul nascere l’appello per la riduzione di squadre in Serie B. Se, infatti, si scendesse dalle 22 (come format prevede) a 20, non ci sarebbe bisogno di ricorrere a nessun ripescaggio con buona pace degli altri campionati che, a caduta, ancora vivono nell’incertezza. Con le cadute di Avellino, Cesena e Bari (le cessioni, i ricorsi alla giustizia sportiva e a quella ordinaria), sarebbe stata la mossa più logica. E invece no. Il format (il termine riutilizzato non è casuale) impone le 22 squadre. Restano in attesa che il proprio ricorso venga preso in considerazione pure Ternana e Pro Vercelli. Per non parlare di Novara e Catania.
In Serie C, invece, il problema è simile, ma diverso su alcuni aspetti. Quello economico principalmente. Da questo punto di vista le prime crisi si sono viste, ad esempio, con il Mestre (per farne uno, nel senso del girone, “vicino” alla Samb). Patron Serena, quando ancora il campionato doveva terminare, denunciò la mancanza di fondi per le società. A questo grido, in un certo senso, si unì pure Franco Fedeli che, pur non condividendo le stesse grane legate a tifoseria esigua e stadio fuori città, lamentò di una ripartizione economica irrisoria al confronto delle spese di gestione di ogni club. Nonostante la cortina nebbiosa che contorna la Lega Pro, in via del tutto arbitraria, è stata ammessa al Campionato la prima squadra B: la Juventus (prima nelle graduatorie tra le squadre B a poter chiedere l’ammissione, anche se chi ricopre le posizioni immediatamente sottoposte ha fatto sapere di voler rinunciare al progetto). La Lega di Serie B ha chiesto che proprio tale progetto venga abolito.
La Serie D, invece, primo campionato dilettantistico d’Italia, era già pronta avendo programmato, squadre, iscrizioni ed eventuali ripescaggi: i gironi sarebbero stati comunicati il 18 agosto e tre giorni dopo i calendari. Poi è arrivato il Bari. Dietro la questione, a parte la mancata garanzia della categoria che dovrà disputare la nuova squadra di Aurelio de Laurentiis, ci sono anche i diritti televisivi che, purtroppo, in questo pasticcio influiscono e non poco.
La Primavera, invece, doveva essere un campionato totalmente isolato. Invece pure i “ragazzini” dovranno stare a braccia conserte finchè il calcio “dei grandi” non muoverà i primi passi verso l’immediato futuro. Già perchè le due categorie del campionato “Primavera 1” e “Primavera 2” sono strettamente vincolate ai ripescaggi della Serie B e, chiaramente, anche alle squadre che si iscriveranno al campionato.
A questo punto riprendiamo la domanda che si pone anche l’amministratore delegato della Sambenedettese Calcio Andrea Fedeli: “Che cosa sta succedendo?”
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