Siamo così, dopo gli straordinari delle due sfide play off e pure i supplementari di L’Aquila, ai titoli di coda della prima stagione targata Vittorio Massi. In realtà agli albori c’era ancora la strampalata gestione Renzi, che aveva persino tentato la carta di un’effimera iscrizione, per fortuna finita nel nulla. E sì perché da quel momento in poi è divenuta sempre più realtà la gestazione di una nuova e sicuramente più autentica Samb all’insegna di una riconoscibile ed affidabile proprietà sambenedettese, che ha restituito finalmente il centenario sodalizio a San Benedetto e al suo hinterland, riassumendone anche lo storico nominativo e proprio per questo ripropongo di celebrare ogni 10 agosto una festa di liberazione rossoblù.
Sul campo non è stato conseguito l’auspicato traguardo (ed ora anche le residue speranze di ripescaggio sono state vanificate), come in tanti avevano sognato alla luce dei tredici risultati utili consecutivi e del primo posto con 5 lunghezze di vantaggio, ma era decisamente troppo presto per cantare vittoria. In realtà anche nel girone di ritorno ci aveva creduto la Samb nella possibile vittoria del campionato, quando dopo il raid a Fano Sirri e compagni avevano riagganciato in vetta il Campobasso, ma purtroppo si trattava solo di un fuoco di paglia. Gli ingranaggi e la compattezza di squadra e spogliatoio si stavano latentemente e irreversibilmente intaccando e già a Fossombrone venivano a galla le magagne, poi solo temporaneamente e fortunosamente mascherate con il rocambolesco successo al suono della sirena di Riccione.
Il patatrac era alle porte e da lì in poi nella stagione regolare solo a Termoli alla prima di Alessandrini e all’epilogo di Senigallia la Samb ha trovato quella vittoria, che al Riviera addirittura non è più arrivata. Poi un risveglio c’è stato in realtà nella doppia trasferta abruzzese play off, che sotto la guida di Mancinelli la Samb stava per condurre in porto, ma anche un eventuale successo sarebbe con ogni probabilità stato platonico. Alla luce del crudo risultato finale questa è la metà del bicchiere decisamente vuota, ma se guardiamo invece all’altra, la troviamo piena, eccome, perché questa stagione non può assolutamente definirsi fallimentare.
Non era affatto semplice ricostruire un ambiente depresso dalle ultime disastrate stagioni e rilanciare le velleità di una Samb mortificata da allucinanti gestioni, quelle sì fallimentari nel vero senso della parola. Quella presieduta da Vittorio Massi è una società sì con precedenti esperienze calcistiche ed anche di successo, ma che comunque si è trovata catapultata in una nuova e storica platea, dando vita a seguito di delicati passaggi amministrativi ad una rinnovata realtà, capace di far rinascere veramente a San Benedetto (primato di spettatori in Serie D e nona piazza considerando anche la Serie C) quel calcio, su cui proprio nell’anno del centenario si stava ponendo definitivamente una pietra tombale.
È così effettivamente risorto un intero sano movimento calcistico a partire da un curatissimo settore giovanile, che dalle nostre parti non si vedeva da decenni, e si sono moltiplicate iniziative sia dal punto di vista sportivo che sociale. Si sono poste e si continueranno, anche alla luce degli errori commessi in questo primo anno, a consolidare quelle basi (vedi anche impiantistica), in mezzo ovviamente ai consueti ostacoli di carattere burocratico, necessarie per far sviluppare e far reggere nel tempo il calcio sambenedettese. A dispetto dell’uggia aleggiante nelle ultime settimane per l’obiettivo sfumato, si sta invece alacremente lavorando sia a livello di organizzazione societaria che dirigenziale per rivedere la luce in fondo al trentennale tunnel e riportare con una sostenibile programmazione la Samb a quei fasti, che le nuove generazioni rossoblù meritano di vivere.
Alessio Perotti
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