Nato a San Donà di Piave, 53 anni fa, Giorgio Zamuner occupa oggi il ruolo di DG della prima della classe: il Padova. I biancoscudati hanno subito la miseria di quattro sconfitte. La prima, tra le mura amiche, arriva per mano della squadra del sambenedettese Ottavio Palladini. Il Teramo è riuscito ad espugnare l’Euganeo imponendo un secco 2-0 ai padroni di casa. Un bel favore a tutte le squadre che sono là dietro. Una sconfitta che, tutta via, non può non lasciare strascichi, come spiega Zamuner a “Il Gazzettino“:
«È stata la classica giornata storta. Ma quel nervosismo ce lo dobbiamo togliere perché non ci dà vantaggi. Tutti gli episodi ci sono girati contro e a favore dell’avversario che ha fatto la sua onesta partita. L’espulsione di Trevisan ha incanalato la gara in un certo modo: in inferiorità numerica su un campo del genere era difficile fare più di quanto fatto. Ci aspettano nove gare da affrontare tutte d’un fiato nelle quali dobbiamo ottenere più punti possibile per tenere lontane le rivali che sperano nei nostri passi falsi. Dobbiamo prendere spunto dagli errori commessi, consci che anche in dieci abbiamo disputato una buona gara».
Tutto il mondo è paese. Anche il Padova, infatti, lamenta qualche imperfezioni dei direttori di gara:
«È stata una settimana nella quale abbiamo buttato l’occhio sugli ultimi episodi a sfavore: dalla precedente gara con il Sudtirol, al penalty non concesso con la Sambenedettese e al secondo rigore negato a Fano. Sabato la direzione arbitrale non mi è sembrata consona alla classifica che abbiamo, mi è sembrata a senso unico e ha fatto di tutto per innervosirci. A fine partita però ho detto a Bisoli di lasciare perdere queste cose, dobbiamo fare tutto tranne che innervosirci. Abbiamo unvantaggio in classifica e non dobbiamo farci condizionare dagli arbitraggi: dobbiamo essere più forti anche di questo. Se pensiamo che ci sia chissà quale congiura non andiamo da nessuna parte. Gli arbitri si parlano tra di loro e se c’è un atteggiamento di sfida non dobbiamo fare il loro gioco. Bisogna andare in campo sapendo che c’è da soffrire per due mesi».