Samb, Cozzella: «Minacciato prima della partita col Porto d’Ascoli. Questo non è calcio»

Uno sfogo pesante e la denuncia di quanto accaduto domenica mattina a poche ore dalla partita col Porto d’Ascoli. Questo è stato il primo spezzone della conferenza stampa tenuta dal direttore sportivo della Samb Vittorio Cozzella, che soltanto in un secondo momento si è soffermato a parlare di questioni più tecniche, come delle difficoltà che sta incontrando la squadra ora allenata da Fabio Prosperi in campionato. Il dirigente ha voluto denunciare in maniera netta quanto accaduto domenica mattina a Monteprandone.

«Domenica è successa una cosa sgradevole. Eravamo in hotel a Monteprandone assieme a giocatori e staff, quando si sono presentati una ventina di tifosi, che per mezzo del nostro team manager mi hanno chiesto di parlare; io sono andato incontro ma sono stato insultato per 15-20 minuti – le parole di Cozzella –. Ho fatto calcio per tanti anni, ho subito anche tante contestazioni, ma tutto deve sempre restare nell’ambito dello stadio e non andare oltre. Quando questo accade non lo si può accettare.

Per 15-20 minuti sono stato in balìa di una ventina di persone. Non è stato qualcosa di istintivo, ma di premeditato perché si tratta di persone che al mattino sono partite per andare a Monteprandone e mettere in atto questo comportamento. È stato qualcosa di bruttissimo».

Non violenze fisiche, ma minacce ed insulti che hanno comunque segnato profondamente Cozzella, come ha detto lui stesso, rivolgendosi poi anche al neo Ministro dello Sport Andrea Abodi.

«In questi giorni non ho avuto modo di parlare perché, a livello morale, questa cosa mi ha distrutto. La città di San Benedetto e la gente di San Benedetto, non meritano questo. Questa è una denuncia che faccio, perché ho subito una mortificazione che non ha nulla a che vedere con lo sport. Mi rivolgo direttamente al ministro Abodi, che ho avuto modo di conoscere quando era presidente della Lega di Serie B: “Presidente, lei è innovativo e ha delle grandi idee, queste cose non devono più esistere”.

 

Oggi sono arrivato allo stadio scortato dalla Polizia, questo non è calcio. Non ha nulla a che vedere con lo sport. Alcune settimane fa è accaduta la stessa cosa ai calciatori, al Samba Village di Monsampolo. In questi giorni ho pensato ai miei figli; ho subito una mortificazione, non ho dormito in questi giorni perché cose come queste ti tolgono il sonno. Io non andrò via, resterò, perché altrimenti si darebbe un messaggio ancor più brutto. È attraverso il dialogo che si ottengono le cose, non con le minacce come “te ne devi andare”, “non ti presentare allo stadio”».

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