Uno dei vecchi adagi calcistici recita che è improbabile vincere entrambe le gare di un doppio turno casalingo. E tanto è stato, ma è comunque da salutare positivamente il terzo pareggio su tre incontri disputati contro gli alabardati nelle ultime due stagioni (d’altronde è proprio l’X il risultato più ricorrente negli scontri diretti anche ai tempi della B), solo che mentre lo scorso anno si è trattato di due 1-1, stavolta è arrivato un nulla di fatto “ad occhiali”. I motivi? Essenzialmente tre. 1) Porta inviolata. Per la seconda giornata consecutiva, sempre al Riviera, la porta difesa da Pegorin è rimasta illibata e dall’altra parte c’erano i migliori attacchi del girone. Si tratta del primo 0-0 casalingo (per il rovescio della medaglia era dalla sciagurata prima contro il Renate che la Samb non andava a secco in casa), il secondo stagionale dopo quello di Teramo. 2) Robustezza in mezzo al campo. La Samb ha ora l’atteggiamento giusto, tatticamente e mentalmente, riuscendo a tenere tranquillamente testa alle migliori compagini del raggruppamento. Solo una sconfitta, peraltro immeritata a Vicenza, nelle ultime sei giornate (quattro però disputate al Riviera) testimonia i progressi di Rapisarda e compagni. Contro una formazione dotata tecnicamente e insidiosa nelle ripartenze come quella di Pavanel, ex calciatore di Roselli, ha fatto bene il mister a ridurre il pressing alto delle ultime esibizioni per evitare che la squadra si allungasse pericolosamente (è successo solo un paio di volte nel primo tempo). 3) Fiducia nell’ambiente. Grazie alla compattezza trovata tra calciatori, tecnico e tifosi si respira un’atmosfera sempre più fiduciosa nell’ambiente rossoblù, fino a qualche settimana fa molto scettico. Ora per puntellare correttamente questa crescita occorre migliorare il rendimento in trasferta (sinora due soli punti), puntando a centrare il primo successo esterno. Passando ad altro argomento, mentre è costruttivo il dialogo, seppur a distanza, intrapreso tra tifoseria e proprietà, distruttiva nel vero senso della parola è l’azione avviata nei confronti del Ballarin. Non prendendo decisioni per oltre trent’anni, ha avuto la meglio il logorio strutturale e quindi questo era l’ineluttabile epilogo dell’annosa vicenda. Ora però, come già fatto da tifosi e gloriosi ex calciatori, è il momento che l’intera città si mobiliti per non perdere definitivamente un simbolo della sua memoria collettiva. Come già realizzato o almeno progettato in tante altre località è plausibile un riutilizzo del vecchio impianto per finalità sportive o altre, stavolta però senza ulteriori deleteri rinvii alle “calende greche”.