Ci si imbatte molto spesso nell’ambito storico-artistico sia locale che nazionale su di artisti affermati o che abbiano conseguito attestati di merito inerenti alle loro opere di fattura materica ed ingegnosa; ciò di cui invece si può porre l’attenzione su di una cittadina come quella rivierasca votata e vocata alle radici marinare ed in seguito turistiche è l’animo nobile e dignitario di un noto marittimo quale Franco Paolini detto Prichiò. Appartenente ad una lunga dinastia familiare di uomini di mare, Franco h saputo nel corso degli anni immettersi nel panorama corrente pittorico mostrando un portento ineguagliabile e doti empiriche di risoluzione su tela oculate e strutturali. La peculiarità del suo ingegno la si riscontra nella modalità di realizzazione delle sue opere: difatti conducendo una vita “d’altura”, ossia essendo titolare di un natante del comparto della marineria da lui stesso ornato di accese cromature ben visibile nel riapprodo, è riuscito a sviluppare una tecnica autentica ed applicabile ad ogni intemperie climatica ed anche culturale rifornendosi del pregiato nero di seppia. Tale tintura gli consente di raffigurare la sua gens a cui è incline e parte integrante delineando con il suo tratto marcato e nerigno una sorta di vedutismo realista come ben ci insegnano i già esposti presso la Pinacoteca del mare pittori come Angelo Landi, Alfred Châtelain, Armando Marchegiani che come il nostro Franco hanno impresso con un segno distintivo scene di vita vissuta e di scenari marini e paesaggistici di notevole rilevanza. Lo si considera un autodidatta per non aver frequentato un percorso di formazione ma trapela incessantemente nel suo “ondeggiare di pennellata” un credo ineffabile nei confronti dell’inerme legge del mare ed un indole avventuriera che lo hanno sospinto a solcare svariate distese marine anche di profondità abissali. Inoltre per donare maggior credito e passionaria fiducia al suo proseguo artistico in una delle sue mostre personali ricevette una meritevole critica da parte dell’eminente critico d’arte Vittorio Sgarbi, il quale lo elogiò conferendogli il titolo di degno testimone del suo contesto lavorativo e sociale consunto a volte ma colmo di un’umanità veridica e solidale verso il prossimo.
si ringrazia Francesco Casagrande