Siamo soliti riflettere sulla produttività dell’industria ittica e peschereccia e sulle difficoltà oggettive che premono in merito sul benessere del settore, ma bisogna andare a ritroso nel tempo (neanche troppo) sino a quando ci si nutriva di maestranze artigiane per avere un quadro più completo sotto il profilo lavorativo ed umano. Fra le varie figure c’è quella del calafato, che si occupava della creazione dell’ossatura dell’imbarcazione che doveva rigorosamente essere in legno (faggio, leccio o più comunemente quercia) e del suo mantenimento. Era compito del calafato reperire il legname da forgiare e scagliare per ricavarne chiglia e carena per agevolare la navigazione, ma anche l’ormeggio. Attraverso l’uso di oli bollenti e pece si procedeva poi con la catramatura dello scafo, rendendolo renitente all’acqua marina ed alla sua forza erosiva. Con l’avvento della motorizzazione della flottiglia peschereccia è andato invece scemando l’annuale e tradizionale rinnovamento a lucido, dalla verniciatura ad altre affini attività obbligatorie per una paranza o lancètte.
si ringrazia Francesco Casagrande
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